Matteo Rovere si riaffaccia sul grande schermo dopo il tanto acclamato Veloce come il vento, realizzando un’opera rivoluzionaria, ambiziosa e potentissima. Con Il primo Re, il giovane cineasta porta alla luce una versione unica della nascita di Roma attraverso il mito dei due fratelli Romolo e Remo. 

Due fratelli, soli, nell’uno la forza dell’altro, in un mondo antico e ostile sfideranno il volere implacabile degli Dei. Dal loro sangue nascerà una città, Roma. Un legame fortissimo, destinato a diventare leggenda.




Cinema italiano proiettato all’internazionalità

Partendo dalla prima scena del film (un’inesorabile inondazione del Tevere che porterà i due fratelli verso i territori di Alba Longa) si capisce che siamo di fronte ad un cinema diverso da quello a cui siamo abituati in Italia. Colpisce fin da subito l’accuratezza dell’impostazione estetica e scenografica, frutto di un intenso lavoro eseguito in collaborazione con archeologi, storici, linguisti e semiotici per ricreare nel modo più autentico quel periodo. 

Molto rischiosa, seppur coraggiosa, la scelta di far recitare tutti gli attori in latino arcaico, ricostruito attraverso fonti contemporanee. Un espediente, questo, capace di estraniarti (col rischio di destabilizzarti), ma in grado di inglobarti e catapultarti in un mondo sospeso e mitologico. Un plauso agli attori, messi di fronte ad una sfida non facile, ma che, nonostante l’estrema lontananza e diversità di questa lingua, hanno saputo comunicare in un modo tutto unico. 





La scelta delle location riveste un ruolo di primaria importanza: paesaggi incontaminati e selvaggi sono un elemento portante del film, tra zone paludose, greti di fiumi, boschi e aree sulfuree. Il paesaggio non è solo la cornice delle vicende, ma un elemento imprescindibile con cui i personaggi devono confrontarsi. 

Si percepisce l’incredibile lavoro del direttore della fotografia Daniele Ciprì, capace di creare con tutte luci naturali un’atmosfera irreale, terrosa, terrena e mitologica allo stesso tempo.

Nella sua interpretazione del mito, Il Primo Re esplora il legame di due fratelli, simili ma diversi, controllati da un’entità superiore, gli Dei, nelle mani dei quali è stato affidato il destino di tutti. Quando Romolo (Alessio Lapice) viene ferito brutalmente dopo la fine di un rito religioso, è Remo (Alessandro Borghi) a scegliere di comportarsi da capo-branco, ottenendo il rispetto di tutto il gruppo di pastori/guerrieri. Forte e indomito, Remo diventa il leader, promettendo di sfamarli, salvarli dai nemici per poi fondare un nuovo villaggio. Proprio quando sta per compiere il suo naturale destino di Re, il volere degli Dei cambia la carte, fino a mettere i due fratelli l’un contro l’altro.

Tra sangue e riti religiosi

La sceneggiatura, firmata da Filippo Gravino, Francesca Manieri e Matteo Rovere, mette in scena una storia esemplare attraverso tematiche significative e universali. Molto interessante il soffermarsi sui rituali di una religione arcaica e misteriosa, che fa del fuoco il suo elemento portante. C’è molta violenza, sangue, ossa rotte e carne martoriata. Combattimenti e lotte fisiche coprono tanto minutaggio, ma non c’è mai quella voglia di rispecchiare certi canoni ‘pacchiani’ da kolossal epico. Gli attori sono stati sottoposti a duri allenamenti e il lavoro dei due interpreti protagonisti è esemplare: Alessandro Borghi, dopo l’incredibile prova dimostrata interpretando Stefano Cucchi nel film Sulla mia Pelle, si riconferma con pieni meriti, proiettandosi in una nicchia prestigiosa che fa di lui uno dei migliori attori italiani su piazza. Versatile come pochi, possiede capacità comunicative ed espressive complete. Anche il più giovane Alessio Lapice dimostra un grande talento, calandosi in un Romolo più ‘pacato’ rispetto al fratello, meno impulsivo e più meditato. 




Un film non per tutti

Come premesso nelle prime righe, Il Primo Re è un’opera ambiziosa, sicuramente insolita, che potrebbe non essere adatta a tutti. Complessa sotto molti punti di vista, c’è bisogno di tempo per assimilarla e per apprezzarne il vero valore. E se il latino arcaico e un ritmo a metà film più languido possono rischiare di far abbassare l’attenzione, rimane comunque forte lo stupore e l’apprezzamento generato dalle proprietà di linguaggio filmico che questa pellicola possiede.  

 

Nelle sale a partire dal 31 gennaio.