La nostra rubrica dedicata al mondo del doppiaggio si arricchisce con un altro nome degno di nota, quello di Francesco Prando. Francesco ha prestato la voce ad attori eccezionali come Matthew McConaughey, Michael Fassbender, Guy Pearce, Daniel Craig, Keanu Reeves, Nicholas Cage, Tom Hanks, Vince Vaughn e tanti altri (QUA la lista completa). Oltre al grande schermo, molto importanti i suoi lavori nelle serie tv: come non citare il suo personaggio di punta degli anni Novanta, Dylan di Beverly Hils 90210, oltre a Will in Will & Grace e il Dottor Mark Sloan in Grey’s Anatomy. 

Ecco la nostra piacevolissima intervista con Francesco, dove ci ha raccontato tanti aneddoti interessanti e curiosi.

Com’è iniziata la tua carriera?

Provengo da una famiglia di attori dialettali romani. Mio nonno, Checco Durante, aveva una compagnia stabile nel centro di Roma ed essendo cresciuto con lui sono stato sempre a contatto con quell’ambiente, nonostante io fossi più orientato alla musica. Diciamo che tutto è iniziato come una necessità, per proseguire quello che aveva iniziato la mia famiglia e guadagnarmi i miei primi soldi. Mi affacciai seriamente al mondo del doppiaggio intorno ai 20 anni, con una serie di cartoni animati. Con il tempo mi sono appassionato sempre di più, finché non mi capitò l’occasione di fare il provino per una delle prime serie tv americane ad arrivare in Italia, La famiglia americana. Il direttore di questo telefilm, Mario Colli, era un ex primo attore della compagnia di mio nonno e diciamo che c’è stato quasi un passaggio di consegna: mio nonno ha insegnato a lui e lui a me. Ho cominciato per bene con lui, era una persona molto tosta, all’antica, che ti faceva lavorare tutto il giorno. Con questi suoi modi severi capivo che mi stava insegnando tanto. Dopo tre anni di collaborazione, il nostro rapporto si è evoluto e sono diventato quasi il figlio che non ha mai avuto. Mi ha insegnato tutto quello che poteva, e io il grosso delle cose che so tuttora, come l’uso del diaframma, della voce, leggere le battute ecc. lo devo a lui.

Qual è stato il tuo primo film importante?

Nel 1984 vinsi il provino per doppiare Nicolas Cage in Birdy di Alan Parker. Per la prima volta entravo nel mondo delle cooperative, ovvero società più grandi e affermate. Infatti mi fece un grande effetto trovarmi al leggio alcuni dei più grandi nomi del doppiaggio italiano, come Pino Locchi, Ferruccio Amendola, Manlio De Angelis, Rita Savagnone, Massimo Giuliani. Ero spaventatissimo quando andavo ai miei turni perché non mi sentivo all’altezza, ma ad oggi posso dire che è stata una delle esperienze più belle della mia vita. C’era una freschezza magica, una libertà dagli schemi e dalla tecnica che mi commosse. 

Pensate che quel film me lo andai a vedere al cinema da solo e uscito dalla sala ricordo di aver pensato “questo è il lavoro che fa per me”. Il momento della decisione, il battesimo del fuoco è stato proprio quello. 

Lo stesso Manlio De Angelis ti sceglie per doppiare nel film “Salvate il soldato Ryan” del 1998.

Tom Hanks, come è noto, era sempre stato doppiato da Chevalier, ma per Salvate il soldato Ryan volevano cambiare voce, quindi fecero i provini. Io avevo fatto poco prima un altro film di Spielberg, Amistad, dove doppiavo per la prima volta Matthew McConaughey. È stato proprio quel lavoro a farmi essere scelto per Tom Hanks, nell’unico ruolo in cui poi l’ho doppiato. Lui è un attore straordinario, molto difficile da rendere, con una capacità di entrare in empatia col personaggio pazzesca. E il suo personaggio era davvero complicato. Mi è rimasta impressa una sua battuta per spiegare la guerra e come si sentiva: “Più ammazzo qualcuno e più mi sento lontano da casa”.

Parliamo dell’esperienza con Beverly Hills 90210 dove doppi Luke Perry/Dylan.

Io in quel periodo ero solito doppiare i “bellocci dannati e tormentati”; per Beverly Hills facemmo i provini normalmente e una volta scelto il cast, abbiamo cominciato a lavorarci non pensando minimamente al successo. Pensate che ce ne siamo resi conto solamente dopo che uscì un articolone su TV SORRISI E CANZONI di quasi 8 pagine con foto nostre a pagina intera. Dylan era il più desiderato tra le ragazze, io ricevevo ogni giorno circa 200 messaggi in segreteria di adolescenti di 15-16 anni che lasciavano messaggi irripetibili e imbarazzanti, anche solo per sentire la voce. È durata tantissimo questa cosa! Da ciò abbiamo capito quanto successo potesse avere la serie, forse è stata la serie più cult di quegli anni

Sulla realizzazione del doppiaggio ci conoscevamo tutti fra di noi, ci vedevamo spesso anche al di fuori del lavoro, una volta andammo anche nelle Marche a doppiare il gioco da tavolo.

Hai mai incontrato Luke Perry di persona? 

No, mai. Per noi doppiatori accade molto raramente. A me è successo solo con Aaron Eckhart per Attacco al Potere e Benicio del Toro che doppiavo in Che. Del Toro tra l’altro una persona carinissima e gentile.

Parliamo del doppiaggio di Charlie Sheen in “Platoon”?

È stato un film difficile, sia tecnicamente, sia emotivamente, lui era un personaggio che passava dall’esaltazione alla pazzia in un attimo, poi l’ho fatto quando ero molto giovane e non avevo quell’esperienza tale che mi facesse lavorare con tranquillità, poi però si è rivelato un gran successo.

Ci racconti la tua esperienza lavorativa con Tonino Accolla?

Lui era una persona un po’ diversa dalle altre, un pazzo totale, non facile e da prendere con le molle, anche se livello artistico un genio assoluto con delle idee magnifiche. Ho un ricordo in cui doppio Daniel Day-Lewis in un film e mi fece fare un turno fino alle 2 di notte, un film difficilissimo. Comunque Tonino mi fece fare un po’ di tutto, anche Will Smith l’ho doppiato grazie a lui in Independence Day. Là mi sono divertito un sacco, è la classica americanata/blockbuster, con un cast eccezionale e Will Smith è fichissimo da doppiare.

Che esperienza è stata quella in L.A. Confidential

Era il 1997 e anche là un cast fenomenale per un grande film. Io doppiavo Guy Pearce e quello è stato uno dei primi film in cui ho lavorato con Ferruccio Amendola. Dovete sapere che lui è un maniaco della precisione totale: ricordo che in sala ci fece una mini sfuriata a me Luca Ward (che doppiava Russel Crowe) perché non avevamo una postazione preferita al leggìo, cosa per lui inconcepibile.

Parlaci di Daniel Craig e della tua esperienza con James Bond.

Avevo già doppiato l’attore in precedenza ma per James Bond è stata una scelta difficilissima. Eravamo 30, piano piano il numero si abbassava e arrivati a 5 ci hanno cominciato a chiedere di doppiare i trailer. Dopo diverse prove mi chiama il responsabile della Columbia, dicendomi “Sei tu”. Per me è stato troppo bello, una forte emozione. James Bond è un’icona del cinema e doppiandolo entri a far parte di una cerchia ristrette di persone che gli hanno dato la voce. Abbiamo dovuto creare una nuova immagine del personaggio con una nuova impostazione di voce, in quanto veniva dopo Brosman. C’era meno ironia e l’abbiamo reso più umano. Secondo me Casino Royale è il più bello della nuova serie. È stato un punto di rottura con il passato. In questo franchise doppiamo tutti quanti insieme e non a colonne separate.

Hai doppiato anche Eric McCormack in “Will & Grace”, tra l’altro una serie tornata in tv dopo 11 anni. Che esperienza è stata?

Un’esperienza bellissima. È stato meraviglioso trovare gli stessi personaggi dopo 11 anni nella nuova stagione, uscita di recente. Si è sentita, però, un’assenza importante, quella di Laura Latini (doppiatrice di Karen). Non essendoci più Laura è stata una cosa un po’ triste, particolare, ma abbiamo trovato una giovane collega assolutamente valida, Roberta de Roberto, la quale è riuscita ad entrare perfettamente nella parte, vocalmente è impressionante la similarità con Laura. Ha fatto un lavoro stupendo, con tanto impegno.
Doppiare Will & Grace era un divertimento pazzesco, andavo a lavoro ridendo. Tra me e Francesca Fiorentini (doppiatrice di Grace) è nato un legame d’amicizia fortissimo. Al leggio era una festa, un divertimento. Ogni tanto dovevamo fermarci per quanto ridevamo. Quando si crea un rapporto al di fuori che porti anche in sala, si sente, lo avverti sullo schermo. C’è tanta complicità, le prime serie le doppiavamo anche insieme, senza colonne separate e il risultato era eccezionale.
Siamo contentissimi che hanno già confermato altre due stagioni.

Ringraziamo ancora di cuore Francesco Prando per questa piacevolissima intervista, cogliendo l’occasione per augurargli un grande successo.