Abbiamo avuto l’onore e il piacere di parlare con il grande Renato Cortesi, attore, doppiatore, dialoghista e direttore del doppiaggio italiano. Sue la voce italiana degli attori francesi Gérard Depardieu e André Dussollier,  ma anche di William Hurt in Brivido caldo e Stati di allucinazione, Liam Neeson in Vite sospese, Jeff Bridges in C’è un fantasma tra noi due, Bill Daily nella serie Strega per amore, Jim Belushi in Una poltrona per due, Derek Jacobi ne Il gladiatore Gene Hackman nel ridoppiaggio di Superman. E poi, indimenticabile il suo breve ma iconico dialogo “Tieni il resto lurido bastardo!” in Mamma, ho perso l’aereo in cui presta la voce all’attore che interpreta il gangster nel film visto da Kevin McCallister in VHS.

Partiamo dai tuoi primi anni al Piccolo Teatro di Milano. Raccontaci come è cominciata la tua attività teatrale.

“Io ho cominciato a salire su un palcoscenico da ragazzino, avevo tredici anni. C’era un famoso presentatore degli anni ’50, Nunzio Filogamo, che faceva uno spettacolo intitolato ‘Il microfono è vostro’. Girava per le varie città ed esaminava tutti i dilettanti. Io in quel momento abitavo a Mantova, e partecipai a questo spettacolo classificandomi secondo. Mi dilettavo a fare l’imitazione di Totò, Alberto Sordi, Renato Rascel e un certo Sor Clemente, all’epoca un personaggio molto famoso, morto però molto presto. Quella fu la prima volta che salii su un palcoscenico. Poi sono ritornato a Bergamo e a 18-19 anni ho cominciato a fare teatro universitario.  ‘La cantatrice calva’ di Ionesco, ‘Piccola città’ di Thornton Wilder. Nel frattempo ho partecipato a una serie di lezioni che si facevano al Piccolo Teatro di Milano. Milano e Bergamo sono piuttosto vicine, quindi per me non era difficile spostarmi. Ho cominciato a fare la scuola del Piccolo, diretta all’epoca da Ottavio Fanfani che mi ha fatto una preparazione eccezionale, ancora oggi ricordo i suoi insegnamenti. Poi dai 20 anni in su ho cominciato a lavorare nelle pubblicità, facevo degli spot, li presentavo al cliente. La mia voce piaceva, da lì capii che avevo qualche pregio. Poco tempo dopo lasciai l’agenzia di pubblicità e nel 1966 partii per Roma con mia moglie e i miei due figli. Nella capitale mi aiutò mia cugina Isa Bellini, anche lei doppiatrice, che mi diede una villetta a Monteporzio Catone. Cominciai a lavorare con il doppiaggio. Ho iniziato con Renato Turi che mi aveva preso in esclusiva con la CDC, dove c’erano Locchi, Rinaldi. Poi Turi è uscito dalla CDC nel 1970 per formare la CVD e io ho avuto l’onore di essere tra i soci fondatori. Con me c’erano anche Giannini, Oreste Lionello.
Gino La Monica, Romano Malaspina  ed io eravamo le voci giovani del gruppo. Con la CVD ho avuto una bella carriera anche perché subito dopo, nel 1972, Fellini fece il film ‘Roma’ dove c’era il suo personaggio che era Fellini giovane interpretato da un attore messicano che si chiamava Peter Gonzales. Fellini chiamò me per doppiarlo, anche perché ero pratico di dialetti, sapevo fare anche quello romagnolo. Fellini fu talmente soddisfatto della mia prestazione che iniziò una lunga collaborazione con lui. Lavorai in altri otto film, tra cui ‘Prova d’orchestra’, ‘Casanova’, ‘Ginger e Fred’, ‘L’intervista’. Per non tralasciare ‘Amarcord’, dove ho fatto una serie di turni, facendo diversi personaggi perché con Fellini bastava che uno dovesse dire una piccola frase che ti teneva due o tre turni… meno male perché il portafoglio si gonfiava!”.

Parliamo adesso degli attori internazionali che hai doppiato, partendo dalla Francia. Gérard Depardieu e Andrè Dussollier.

“Quelli sono stati i due attori francesi che ho doppiato. Dodici o tredici film con Gérard Depardieu e tredici o quattordici con Andrè Dussollier, tra cui ‘Un cuore in inverno’ che ebbe un successo all’uscita eccezionale”.

Chi dei due ti trovavi meglio a doppiare, Depardieu o Dussollier?

“Dovrei dire Depardieu, anche perché è un po’ più conosciuto di Dussollier. Depardieu è un gran casinista, l’ho anche conosciuto a Cannes”.

Raccontaci del vostro incontro.

“Fu un episodio eccezionale. Lui aveva una villa sopra a Cannes. Ci conoscemmo ci mi invitò insieme ad altre persone del Festival. Andammo a casa sua e siccome aveva una vigna privata che produceva vino, aprì una bottiglia e disse che la voleva assaggiare. Finì per scolarsela tutta!


Ne ho vissute tante di cose così. Della mia amicizia con Fellini ho anche le prove. Mi avrà fatto una ventina di caricature e poi ogni volta che doppiavamo, lui in sala si metteva a disegnare, faceva spesso delle donne belle in carne, ma poi 
prendeva il foglio, lo appallottolava e lo buttava nel cestino. Lo faceva tre o quattro volte ogni turno. Poi ad un certo punto diceva: ‘Adesso andiamo fuori a fumare una sigaretta’, uscivano tutti e io dicevo: ‘No, io non fumo, rimango qui’, e andavo nel cestino e prendevo i disegni!”.

Quindi hai i disegni di Fellini a casa?

“Sì, non solo. Ne ho uno qui davanti a me dove ci sono io su una spiaggia, con il naso rivolto verso il didietro di una donna”. 

Ora parliamo un po’ di un celebre cartone anni Ottanta seguito un po’ da tutti. Si chiamava “Attenti a Luni”

“Per quel cartone lavorai sia come doppiatore che come adattatore e direttore di doppiaggio. E a Luni parteciparono tre ragazzi, Marco Guadagno, Francesca Guadagno e Massimo Rossi, tutti dai quattordici ai diciotto anni. Luni non è che fosse un grandissimo cartone animato però bene o male fu seguito e fu il primo lavoro che io feci gestendo tutti e tre i ruoli,  adattatore dei dialoghi, direttore di doppiaggio e protagonista, Facevo due parti, la parte di lui quando si trasforma in lupo e la parte del lupo.”

Hai dato qualcosa di più al personaggio?

“Sia per Luni che per altre cose che ho fatto, mi rivolgevo spesso al primo direttore con cui ho lavorato. Appena arrivato a Roma feci un primo turno con Carlo Romano. Mi tremavano le gambe, ero agitatissimo. Dovevo fare un soldato di Zorro, mentre lui faceva il Tenente Garcia. Allora Romano venne e mi disse: ‘Dunque guardi, dobbiamo fare questa cosa…’, e io cominciai a ridere. Lui mi chiese cosa c’era da ridere e io risposi: ‘Mi scusi signor Romano, ma mi sembra di sentire la voce di Jerry Lewis”. E lui: ‘Ma cosa dice, io per fare quella voce faccio una fatica tremenda’.

Dunque quando facevo le cose comiche mi sono spesso ispirato a queste due persone: a Carlo Romano e al doppiatore di Jack Lemmon, Rinaldi. Rinaldi aveva quella risatina straordinaria che io gli ho rubato tante volte. Per Luni quando facevo il lupo mi sono ispirato a lui, mentre quando facevo il personaggio umano, imitavo un pochino Carlo Romano”.

Della tua partecipazione a Mamma, ho perso l’aereo cosa ci racconti? 

“Mi hanno fatto fare lo spezzone di quando al ragazzo serve mandare via i ladri. C’era questa voce di un uomo in un film in bianco e nero che diceva: ‘I soldi? Quali soldi? Conto fino al tre. Uno, due… ‘. Tante persone quando mi hanno incontrato mi hanno detto: ‘Ma lei ha fatto quella cosa straordinaria…’. E io rispondevo di aver fatto cose molto più belle magari, ma quella è una cosa che ricordano tutti!”.

Il film era diretto al doppiaggio da Silvia Monelli della Dea 5. Lei pensò a me perché mi riteneva uno che poteva fare bene la voce da cattivo. Anche io lo penso, perché quando ho diretto molti film se c’era la parte dell’assassino o del cattivo, la davo sempre a me stesso perché mi piaceva. Ovviamente io non sono né un cattivo né un assassino, ma un vero attore e doppiatore deve sempre cimentarsi con una persona che ha il carattere diverso dal suo”.

Di “Ghostbusters”, ti ricordi qualcosa?

“Quella di ‘Ghostbusters’ è stata una comparsata. William Atherton lo avevo già doppiato in ‘In cerca di Mr Goodbar’… Però diciamo che lì mi hanno fatto un piccolo torto, perché avrei dovuto doppiare Harold Ramis, che avevo già doppiato in ‘Un plotone di svitati’, che ebbe molto successo al momento perché la mia voce assomigliava molto alla sua. Invece poi Maldesi, un po’ capricciosamente, mi mandò sul personaggio di William Atherton.

Ne abbiamo un altro: James Belushi a “Una poltrona per due”

“Sì, James Belushi… Ormai tutti i Natali mi telefonano… Lì mi ci mise Renato Izzo, che aveva una grande stima di me. Fu il primo che mi chiamò per farmi fare un protagonista. Era il film ‘Il figlio di Godzilla’, Per me che ero agli inizi, riuscire a fare il protagonista di un film è stato motivo di grande orgoglio”.

Hai lavorato molto anche nella sitcom “Strega per amore”. Hai ricordi di quel periodo?

“Per ‘Strega per amore’ mi ha scelto ancora Renato Izzo ed eravamo io, Gino La Monica, Ada Maria Serra Zanetti per una ventina di puntate e poi la strega l’ha sempre doppiata Rossella Izzo. C’era un bel rapporto tra di noi,  abbiamo fatto centotrentanove puntate e siamo andati avanti per un paio di mesi. Ricordo che io ero un po’ birichino, spesso non mi andava di provare la scena perché, come ben sapete, prima si vede il pezzo di film in inglese, poi si toglie il muto, si prova con la parola italiana e poi si incide. A me certe volte queste prove non  andava di farle e allora La Monica mi diceva: ‘Non ti preoccupare Renato, te lo provo io… Ecco benissimo, lo puoi fare, rallenta qui e vai più svelto qua’. L’attore che doppiavo io era abbastanza sconosciuto, era per lo più un comico di teatro. Sinceramente penso di aver fatto quindi un grande piacere a quell’attore americano, perché ritengo, per certi termini, di aver migliorato anche l’umorismo del personaggio”.

Sei stato anche Robert Duvall in “Phenomenon” con John Travolta. 

“È stata una cosa che ho fatto con la CVD, diretta da Solvejg D’Assunta. Hanno scelto me perché tra l’altro assomigliavo anche un po’ a Duvall, all’epoca ero rossiccio di capelli. Poi comunque mi scelsero perché gli sembrava che la mia voce gli stesse bene…”.

Hai mai incontrato qualche attore, oltre a Depardieu?

“Oltre a Depardieu ho incontrato Dussollier, con il quale ho anche una foto. Poi ho incontrato un altro attore francese, Claude Brasseur”.

Brasseur, l’attore scomparso di recente, protagonista  de “Il tempo delle mele”?

“Sì, io l’ho doppiato in “Coreografia di un delitto”, faceva il Commissario. Per il resto, incontrare gli attori che ho doppiato è un po’ difficile, perché nella maggior parte dei casi sono attori americani. Io comunque sono stato spesso in America, andavo tutti gli anni al Memorial Day, l’ultimo weekend di maggio. Prendevo l’aereo e me ne andavo negli States, ci stavo quasi un mese perdendo anche molte occasioni di doppiaggio. Ad esempio, quando Depardieu ha fatto ‘Cristoforo Colombo’ io persi l’occasione di doppiarlo, perché risposi che il giorno seguente sarei dovuto partire per Los Angeles’. Mi dispiace, ma avevo questo appuntamento fisso. Ho avuto anche casa a New York. Lo facevo per la lingua, per migliorare. 

Quale attore avresti voluto doppiare e non l’hai fatto?

“Mi sarebbe piaciuto fare Jack Lemmon, perché è quella comicità che sembra ingenua e invece…
Io ad esempio tra Jack Lemmon e Woody Allen preferisco Lemmon, perché Allen ha questa grossa comicità ebraica, e Oreste Lionello era perfetto. Lo stesso Woody Allen gli disse: ‘Ti devo ringraziare perché ho avuto più successo in Italia con la tua voce che negli altri paesi’. Comunque Jack Lemmon mi sarebbe tanto piaciuto farlo”.

I tuoi progetti attuali?

“In questo momento, per quanto riguarda il doppiaggio, si lavora molto di documentari. Io ho la fortuna di parlare bene l’inglese e il francese e ho buone nozioni di tedesco. Quindi mi trovo bene a sentire prima i documentari in lingua originale, poi faccio la traduzione – o la faccio fare a un madrelingua – e poi faccio l’adattamento. Mi pare che sia un lavoro molto apprezzato.
Poi di recente ho doppiato James Caan, che avevo già doppiato in ‘Bolero’. E un annetto fa anche Michael Caine in “King of Thieves“. Lì alcuni si sono arrabbiati perché dicevano: ‘Ma come mai? Lo faceva sempre Penne’. Ma non significa niente, anche io facevo sempre Depardieu. Il doppiaggio funziona così…”.

E invece per quanto riguarda il teatro?

“Quando riprendo rifarò, come ho già fatto per tre o quattro anni, ‘Taxi a due piazze’, con il figlio di Dorelli, Gianluca Guidi e Giampiero Ingrassia. Io, puro bergamasco, faccio un poliziotto pugliese! Me la cavo bene.”.

L’anno prossimo esce il nuovo “Ghostbusters”, se riciclano il vecchio cattivo magari ti risentiamo…

“Io in genere non amo ridoppiare. Ad esempio quando ho ri-doppiato Lex Luthor/Gene Hackman in Superman, prima di farlo ho telefonato al doppiatore che lo aveva fatto prima [Sergio Fiorentini ndr] gli ho chiesto il permesso. Poi lui mi ha detto che stava poco bene e che potevo farlo senza problemi.” 

Ringraziamo di cuore Renato per il suo tempo e la sua esperienza condivisa con noi .