Intervistato da “Rolling Stone”, J-Ax ripercorre gli anni in cui insieme a DJ Jad faceva parte degli Articolo 31, gruppo musicale hip hop che ha portato la musica rap e la cultura hip hop nel mercato italiano:

“Quello che abbiamo fatto noi è stato semplicemente sdoganarle nell’ambiente dell’entertainment, dimostrare che c’era un mercato e un pubblico per quel genere anche da noi. Il rap, nelle orecchie della mia generazione, c’era già fin dagli anni ’80, da quando Jovanotti lavorava a Radio Deejay e passava in onda i Run-D.M.C. e tanti altri gruppi americani. In più, c’erano già tantissimi altri rapper italiani, cui fondamenta abbiamo poi costruito. Magari gente che frequentava ambienti diversi dai nostri, come i centri sociali, dove sono nate le prime posse. Se devo dare credito a qualcuno di essere un pioniere, per esempio, lo do a Speaker Dee Mo: certi miei pezzi ormai non me li ricordo più, ma la sua Sfida il buio la so a memoria ancora oggi”.

Più che pionieri, J-ax considera un talento degli Articolo 31 quello di riuscire a trovare la formula giusta per entrare nel mondo del mainstream:

“Siamo stati bravi nel trovare la formula giusta, ricalcando quella degli americani, che campionavano i dischi dei loro genitori: James Brown, gli Chic… Il cavallo di Troia geniale è stato quello. Una volta io e Jad stavamo ascoltando gli N.W.A e dissi: ‘Se loro prendono un sample di Funky Drummer e parlano di sesso, Uzi e ghetto, noi possiamo campionare Gianni Morandi e parlare della vita nel quartiere, di birra e di seghe’. E così è nato un pezzo come Tocca qui: la storia semiseria di un ragazzo di zona che va in birreria, becca una e alla fine non finisce neanche con una scopata, ma con una pippa. Non dico che abbiamo fatto solo pezzi belli, sia chiaro, spesso abbiamo cannato completamente. Ma negli anni ’90 era tutto da inventare e siamo riusciti a sfondare le porte del mainstream”.