RECENSIONE MOSTRA HOPPER
 
La mostra “Edward Hopper” al Complesso del Vittoriano di Roma, accessibile dal 1 ottobre 2016 fino al 12 febbraio 2017 celebra uno dei più famosi artisti americani del XX secolo.
  
                                                    
 
L’esibizione vanta più di 60 opere, iniziando con i primi acquarelli parigini, proseguendo poi con i paesaggi e gli scorci cittadini dell’America degli anni ‘50 e ’60, periodo di maturazione dell’artista. Il percorso, accompagnato da un’audioguida, ci fa immergere nel pieno stile hopperiano, caratterizzato da personaggi sopraffatti dalla società moderna dell’epoca, riflessiviassorti, avvolti da solitudine e quasi alienati. Anche i paesaggi e gli ambienti di Hopper, da quelli urbani a quelli di campagna, trasudano calma e solitudine: case viste da fuori, camere d’albergo illuminate da una luce che si insinua da una tenda mossa dal vento, pompe di benzina, fari e strade notturne. Non a caso, di lui è stato detto che “sapeva dipingere il silenzio”.
 
 

 

 

 
 
Molto ispirato dall’arte della fotografia, Hopper è stato a sua volta esempio per molti registi cinematografici, che hanno preso spunto dai suoi quadri: Alfred Hitchcock in “Psycho (1960)”, riprende l’architettura e il design dell’iconica e sinistra casa di Norman Bates dal dipinto La casa vicino la ferrovia, come anche Dario Argento in “Profondo Rosso (1975)” riprende la prospettiva e l’uso della luce di Nighthawks (I Nottambuli).
 
 
 
 
La visione di questi quadri ti colpisce e ti rimane impressa, trasferendo in te la riflessività e la silenziosa calma dei loro personaggi e ambienti.
Mostra bellissima, da non perdere.