Antonio Ricci ha ricevuto oggi a Viareggio il premio “Gianfranco Funari – Giornalaio dell’anno 2024”. Di seguito, il suo intervento.

«Ho esordito al Derby di Milano a 23 anni: a quell’età non puoi essere un comico, devi imparare tante cose. E poi i cabarettisti di Milano non filavano tanto quelli che venivano da fuori, Walter Valdi forse era l’unico dialogante. Quando arrivo, incontro subito Gianfranco Funari.

C’erano due chitarristi gitani che in realtà erano di Pioltello, poi uscivo io, seguito da Gianfranco, I Gatti di Vicolo Miracoli nella prima formazione, Cochi e Renato che arrivavano alle due e mezza, tre del mattino. E poi c’era una mostra di Tony Dallara… Una volta un cameriere ha rotto il vetro e ha migliorato moltissimo l’opera. Lì ho conosciuto Gianfranco, che è diventato anche maestro di vita. La prima cosa che mi ha chiesto è: “Ma a te quanto te danno?”. Io dico: “5 mila lire”, e lui ride, perché a lui ne davano 15. E 25 a testa a Cochi e Renato, che erano già Cochi e Renato i quali, avendo una lunga consuetudine con il Derby, facevano prezzi stracciati. Allora mi fa: “Non ci siamo, ti spiego come ho fatto io. Mi sono presentato qui con una bionda con la pelliccia. Mi sono messo la pelliccia. Ho ordinato champagne… E che fa quello? Viene e mi offre 5 mila lire?”. Mi ha insegnato l’idea di dare un’immagine vincente nelle trattative, di non sembrare uno che ha bisogno di qualcosa.

Dopo questo, usciamo e lui mi accompagna alla pensione in cui dormivo. Aveva parcheggiato sul marciapiede una 500 color aragosta. Aperta. Gli ho chiesto: “L’hai lasciata aperta?”. E lui: “Mica è mia!”. Dopo di che, ho cominciato a studiare i suoi tempi: lui era un grandissimo comico, piaceva molto ai milanesi perché parlava male dei romani. Aveva un successo enorme, più di Gianni Magni e degli altri. Guardandolo, sono andato a scuola di comicità da lui: come diceva le battute, come le portava, era un manuale in purezza del comico. In seguito, ho avuto altre avventure con lui, una delle ultime che ho scoperto è che eravamo sulla lista nera di Bettino Craxi: io, Funari e Costanzo. Craxi ci aveva querelato per cinque miliardi, poi evidentemente Berlusconi ha negoziato e hanno fatto fuori Gianfranco. Diciamo che si è sacrificato, non per il bene comune però.

Ho molto affetto verso Gianfranco, non ricordo tanto le sue trasmissioni, lo ricordo sul palco, questa generosità enorme che aveva verso gli altri. Non è che fossi l’ultimo arrivato, ero al di là dell’ultimo, però lui era molto attento a tutti. Una volta ha scritto: “L’ho visto arrivare in scena con un pappagallo da allisciare griffato Gucci. Gli diceva: Portobello, Portobello. Ho pensato: questo farà strada”. Ero io».