Ricky Tognazzi è stato intervistato dal Corriere.it in cui ha ripercorso alcune tappe della sua carriera a cominciare dal suo rapporto con il padre. Ecco un piccolo estratto dell’intervista:

 

«Mentre girava Il Federale, nel 1961, ero davvero molto piccolo, ingenuo, ignaro di tutto… seguivo le riprese e, vedendo al lavoro i truccatori, il sangue finto, le botte finte, capivo che si trattava di una pura, innocua mascherata. Ma quando, qualche mese dopo, andammo insieme a vedere il film al cinema, di fronte alla scena in cui lui, orgoglioso di vestire la divisa da fascista arriva a Roma ignaro del fatto che la città era stata liberata, e viene assalito, rincorso dalla folla inferocita… beh mi sono sciolto in lacrime: mi sembrava tutto vero!».

Attore o regista? Lei ha fatto entrambe le cose.

«Ugo mi sconsigliò di fare l’attore, dicendo: è un mestiere limitato, sei nelle mani degli altri, perché non provi a studiare da regista, è un lavoro più completo. Così, dopo aver studiato in Inghilterra dove vivevo principalmente con mia madre, venni in Italia e mi iscrissi alla scuola di segretario di edizione e produzione, dove ho imparato tutto il percorso per la realizzazione di un film. Per dieci anni ho fatto la gavetta, poi Ettore Scola mi chiama per il suo meraviglioso film La famiglia, dove interpretavo Paolino, il figlio di Vittorio Gassman, e l’anno dopo mi dà la possibilità del vero debutto da regista, nella serie Piazza Navona, per l’episodio intitolato Fernanda. Considero Scola il mio maestro, lo definisco il mio “preside”, mi ha insegnato tanto: è il mio padre putativo».

A proposito di sentimenti, si è mai pentito di non aver chiesto scusa a qualcuno?

«Sensi di colpa ne ho tanti, ma soprattutto nei confronti di mio padre. Quando si ammalò, ho sottovalutato il suo grave stato di salute e non sono andato a trovarlo spesso in clinica dove era ricoverato. Quando finalmente ci andai, era troppo tardi: mi piacerebbe chiedergli scusa per questo. Ho messo il mio impegno di lavoro al primo posto rispetto alla sua malattia».