Se la strada potesse parlare (If Beale Street Could Talk) è il nuovo film del regista Barry Jenkins, premio Oscar di due anni fa per Moonlight, presentato sempre alla Festa del Cinema di Roma. Ancora un volta, Jenkins ci offre un  delicato affresco afroamericano, diviso tra ingiustizia e sentimento, dolore e passione.

Siamo negli anni ‘70, quartiere di Harlem, Manhattan. Uniti da sempre, la diciannovenne Tish (Kiki Layne) e il fidanzato Alonzo (Stephan James), detto Fonny, sognano un futuro insieme. Quando Fonny viene ingiustamente arrestato per uno stupro ad una ragazza portoricana, Tish, che ha da poco scoperto di essere incinta, fa di tutto per scagionarlo, con il sostegno di parenti e genitori. Senza più un compagno al suo fianco, la ragazza deve affrontare l’inaspettata prospettiva della maternità, non perdendo la speranza e il suo amore per Fonny. 

Jenkins torna in sala con l’adattamento cinematografico di quello che è considerato un capolavoro della letteratura americana, If Beale Street Could Talk di James Baldwin. Lo stile registico di Jenkins, raffinato e sensibile, mette in risalto la drammaticità di questa storia, forse anche fin troppo, sfociando, a tratti, in una narrazione stucchevole e molto melensa. L’obiettivo del film è quello di commuovere e toccare corde profonde nello spettatore e, per diversi aspetti, ci riesce, tuttavia permane una lieve sensazione di fastidio, che non ci sarebbe se questo fine fosse stato meno ostentato. La pellicola infatti si basa su una costante ricerca di dolcezza e malinconia, con voci fuori campo, ralenti, primi piani, sguardi e una soave musica da accompagnamento.

A livello di sceneggiatura succede poco, ma è un dettaglio non troppo influente, perché a esprimersi maggiormente è tutto il contesto. Come invita a pensare il titolo, Se le strade potessero parlare racconterebbero di ingiustizie, paleserebbero un odio razziale ingiustificato e amorale, fardello di un paese che ne è tutt’ora alle prese. Jenkins non si fa scrupoli con un altro film politically correct, sicuramente apprezzabile per il modo in cui riesce a esprimere una sofferta, intima e intesa storia d’amore, con il rischio che i più cinici potrebbero ravvisare troppo patinata. De gustibus.