In un’intervista rilasciata nel 1990 ad Edwige Fenech nel corso del programma RAI Domenica In, Laura Antonelli dichiara: ”Sono soddisfatta della mia carriera, ma siccome voglio continuare a lavorare ed è difficile per un sex-symbol farla durare ancora 15/20 anni, ci vuole l’intelligenza di darle un’impostazione diversa”. In questa affermazione risiedono i paradossi esistenziali dell’attrice, conscia dell’effetto devastante che la sua immagine faceva sul pubblico. 

Chi era dunque Laura Antonelli? Il documentario di Bernard Bédarida e Nello Correale, prodotto da Tìpota Movie Company in collaborazione con Rai Documentari, e con il sostegno di Associazione Nazionale Venezia Giulia e Dalmazia, (ANVGD), racconta le diverse sfaccettature dell’attrice, dagli inizi della sua vita, alla sua scomparsa, a Ladispoli, il 22 giugno 2015. 

Prima di diventare la “Divina creatura” da tutti conosciuta, Laura Antonelli aveva avuto “un’infanzia disperata ed infelice”, come lei stessa amava dire. Proveniva da una famiglia di esuli istriani, profughi in giro per l’Italia nell’immediato Dopoguerra. Ambiziosa e intraprendente, grazie anche a una bellezza indiscutibile, approda a Roma all’inizio degli anni 60 e insegna educazione fisica, professione piuttosto inusuale per una ragazza dell’epoca. Grazie al suo aspetto estremamente fotogenico arrivano le pubblicità televisive, i primi fotoromanzi e alcuni piccoli ruoli cinematografici in una successione di film d’autore e commediole “osées”.

Nel 1972 sceglie il ruolo che la segnerà per la vita intera: quello di Angela La Barbera nel film “Malizia” di Salvatore Samperi, che le valse il David di Donatello e il Nastro d’Argento come miglior attrice protagonista. Fortemente voluta dal regista, Laura Antonelli, che aveva appena girato “Il merlo maschio”, con “Malizia” sbanca i botteghini. Da quel momento la sua vita personale ed artistica non sarà più la stessa. Finiscono le interpretazioni serie, come l’intrigante Gradiva di Giorgio Albertazzi. Sono gli anni della vita mondana, del successo e delle copertine dei rotocalchi. I viaggi da Roma a Parigi e a Londra, i flirt veri e presunti, il grande amore con Jean-Paul Belmondo. Per Luchino Visconti era “la donna più bella dell’Universo”, i maggiori registi italiani Risi, Comencini, Bolognini e Scola se la contendevano. Le viene così cucita addosso la pelle del sex-symbol, un’immagine che delizierà il pubblico maschile di mezza Europa.

E poi è successo quel che succede spesso. Con l’età, quella bellezza, che era il suo fascino, diventa la sua dannazione. Lo stesso strepitoso successo che ne aveva fatto l’icona sexy dell’Italia, la porterà, dopo 19 anni, ad una scelta infelice, Malizia 2000, il sequel della pellicola che le aveva dato la notorietà, ma che in breve tempo la trascina verso l’oblio e una fine tragica. Maltrattata dai chirurghi estetici, Laura Antonelli resta prigioniera di un volto sfigurato, impresentabile. Quando smette di recitare, nel 1991, ha solo 50 anni. Profondamente disgustata dal mondo dello spettacolo che l’aveva osannata, vive gli ultimi anni della sua esistenza reclusa in un modesto appartamento di Ladispoli, tra santini e statue della Madonna. 

Bernard Bédarida e Nello Correale hanno raccolto le testimonianze di alcune personalità del mondo del Cinema che hanno recitato con lei, tra cui Jean-Paul Belmondo, Giancarlo Giannini, Michele Placido, Claudia Gerini e Daniela Poggi; i ricordi dei suoi rari amici, Marco Risi, Francesca D’Aloja, Ivan Pavicevac e Simone Cristicchi. Le loro voci, alternate alle fotografie e agli estratti di film, e all’analisi del critico cinematografico Valerio Caprara, hanno permesso di raccontare i diversi aspetti dell’attrice ed evocare, con garbo e rispetto, gli ultimi anni di un artista che il pubblico non ha mai dimenticato.