“Eravate un popolo di analfabeti, dopo 80 anni torno e vi ritrovo un popolo di analfabeti.”
 

Sinossi

Roma. 2018.
Dopo 80 anni dalla sua scomparsa Benito Mussolini è di nuovo tra noi. La guerra è finita, la sua Claretta non c’è più e tutto sembra cambiato. All’apparenza.
Il suo ritorno viene casualmente filmato da Andrea Canaletti (Frank Matano), un giovane documentarista con grandi aspirazioni ma pochi, pochissimi successi.
Credendolo un comico, Canaletti decide di renderlo protagonista di un documentario che finalmente lo consacrerà al mondo del cinema.
I due iniziano così una surreale convivenza, che tra viaggi per l’Italia, ospitate tv e curiosi momenti di confronto con gli italiani di oggi, porta il Duce a farsi conoscere e riconoscere sempre di più, al punto tale da diventare il protagonista di un show in tv e di mettersi in testa di poter riconquistare il paese
Una commedia politicamente scorretta che pone un’inquietante domanda: e se lui tornasse davvero? 
 

Da Hitler a Mussolini

Arriva il rifacimento italiano del film tedesco “Lui è tornato” di  David Wnendt uscito nel 2015, con protagonista un Adolf Hitler resuscitato ai giorni d’oggi. La controparte nostrana di “Sono Tornato”, diretto da Luca Miniero (regista di Benvenuti al Sud, Benvenuti al Nord, Un Boss in Salotto) è Benito Mussolini (interpretato da Massimo Popolizio), figura emblematica del nostro paese. A differenza dei tedeschi, però, che giustamente ripudiano Hilter, gli italiani  – ed è questa un po’ la chiave del film di Luca Miniero – mantengono con il loro dittatore una sorta di nostalgica e bonaria convivenza.
 
 
 
Partiamo dal presupposto che l’intento della pellicola non è quello di esprimere un giudizio storico/politico sulla figura di Mussolini, che la analizzi da un diverso punto di vista o ne racconti gli aspetti inediti. L’idea è invece quella di dipingere un ipotetico e surreale quadro in cui la sua figura tornasse per le nostre strade e soprattutto vedere come si comporterebbero gli italiani di fronte a ciò. Mettiamoci poi che il Mussolini di Popolizio si presenta sotto le spoglie di un comico dalle ideologie totalitarie che, almeno all’inizio, non svela la sua identità, allora è facile comprendere come questa figura cominci presto ad essere osannata dal pubblico e protratta verso una nuova ascesa, grazie all’apporto del mondo televisivo. Anche quest’aspetto – quello mediatico – viene approfondito molto nel film, affiancandosi di pari passo all’aspetto politico.
 
 
 
Massimo Popolizio fa un lavoro veramente di rilievo: il compito non era affatto semplice, ma il suo Mussolini regge benissimo il film, anche nei momenti di esagerata farsa, rimanendo solido e convincente. Il personaggio di Matano, che aiuta a portare ingenuità al racconto, inizialmente si convince che l’incontro con il bizzarro personaggio in divisa possa rappresentare la svolta tanto attesa per la sua carriera di regista, e poi scopre di aver ampiamente sottovalutato la minaccia rappresentata da quel misterioso individuo, diventando, diciamo, la “parte intelligente” di pubblico, a differenza della maggioranza, ormai conquistata dal nuovo Duce. Mal digeribile, invece, il personaggio di Stefania Rocca, interprete della famigerata direttrice del canale televisivo che si ‘prende in custodia’ Mussolini, creando uno show su di lui. 
Colpisce abbastanza nel film l’alternanza e il cambio di tono da commedia a black comedy a elementi di drammaticità (un plauso grandissimo all’interpretazione di Ariella Reggio, una vecchietta malata di Alzeihmer che si sfoga col Duce). Un po’ stonante, invece, l’utilizzo di riprese amatoriali contenenti interviste fatte a delle persone random e molto inquietante il finale.
Nel complesso, una pellicola sicuramente diversa e interessante per tema, realizzata con coraggio ma che ti lascia leggermente interdetti, non so ancora bene se per scelte stilistiche di scrittura o perché ti mette in faccia una realtà, alla fine, triste, ma potenzialmente riproponibile (resurrezione fisica a parte).