Il film

E’ il primo film della nota saga con protagonista Paolo Villaggio. Era il 27 marzo 1975 quando Fantozzi usciva per la prima volta al cinema. Diretto da Luciano Salce, il film sarà il primo di una saga che avrà un successo straordinario. La genesi di Fantozzi La produzione cinematografica trae spunto dall’omonimo libro (1971) scritto da Paolo Villaggio. Un romanzo comico-grottesco frutto della raccolta di una serie di racconti pubblicati dall’attore genovese.

La trama

Il film racconta la storia di un un’umile e sfortunato impiegato che lavora per una multinazionale la “ital-petrol-ceme-termo-tessil-farmo-metal-chimica” e conduce una vita privata e lavorativa piena di frustrazioni. È sposato con Pina (Liù Bosisio) una donna sciatta e remissiva e ha una figlia Mariangela (Plinio Fernando) che spesso viene presa in giro da tutti per la sua bruttezza.
Un giorno Pina telefona al centralino della “Megaditta” del marito per chiedere umilmente di avere notizie del marito che non vede ormai da 18 giorni ed inizia ad essere “rispettosamente” preoccupata.
La centralinista le risponde: “Provvederemo a controllare”. Lo trovano murato vivo – per sbaglio – a causa di una ristrutturazione dei vecchi bagni dell’azienda, nessuno si era accorto accorge della sua assenza. Alcuni operai abbattono il muro e lo salvano. Ritorna come se nulla fosse accaduto alla sua scrivania nel sottoscala, circondato dall’indifferenza di tutti i suoi colleghi felici solo di continuare a passargli tutte le pratiche di lavoro in eccesso.
Da questo momento in poi la sua vita sarà piena di una lunga serie di situazioni tragiche (lavorative e familiari) alle quali Fantozzi è incapace di reagire: goffo e servile subisce fallimenti e umiliazioni.

Il ricordo della Mazzamauro

Anna Mazzamauro è stata intervistata qualche mese fa da Vanity Fair dove ha avuto modo di ricordare alcuni momenti della sua carriera tra cui sopratutto il personaggio della Signorina Silvani. Ecco un piccolo estratto: 

Stronza, ma simpatica.

«Ce ne sono tante di stronze simpatiche. Non mi faccia fare nomi! La sua stronzaggine, però, è impastata con la sua solitudine».

È stronza perché sola, o sola perché stronza?

«Lei sembra un po’ Marzullo, sa? In genere sono le don- ne intelligenti a essere sole, perché inavvicinabili. Quando un uomo frequenta una stronza, invece, se è intelligentino, non ce la fa a sostenerne la stronzaggine e l’abbandona».

Come è diventata la Silvani?

«Avevo già lavorato con Luciano Salce, il regista. Quan- do lui e Villaggio cercavano i cessi da mettere attorno a Fantozzi, si ricordò di me, ma per il ruolo della moglie Pina. Al provino andai con capelli da leonessa, un abito rosso attillatissimo, calze a rete. Mi disse: “Perdonami, ma ti ricordavo più brutta”. Paolo gli sussurrò all’orecchio: “È brutta anche lei, ha un sacco di difetti, però li porta sui tac- chi. Uno come Fantozzi non può che sognare una così”».

La Silvani ha una sua carica di sensualità.

«Paolo Villaggio voleva sempre che gli cantassi delle can- zoni, in particolare Bocca di rosa. Un giorno ho preso il suo spirito e l’ho messo addosso a quello della Silvani, re- galandole lo stesso senso di conquista grottesca. Preferiva apparire come una puttana, piuttosto che sola». Forse, però, alla Silvani deve anche qualcosa. «Con questo spettacolo ne riconosco l’importanza. E so- prattutto la riconosco a Paolo».

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