Due anni dopo il cambio di rotta con Gallo cedroneaccolto con alti e bassi da critica e pubblico, Carlo Verdone segnò il nuovo millennio con un altro film che non si comportò benissimo al botteghino: C’era un cinese in coma.

Protagonista della storia, che per certi versi mostra delle somiglianze con l’apprezzatissimo Sono pazzo di Iris Blondè Ercole Preziosi, un agente showman e impresario di basso profilo, marito e padre assente, dedito perlopiù all’organizzazione di sfilate di moda ed eventi di bassa caratura e titolare di un’agenzia ormai in fase discendente. La sua vita cambia quando scopre il talento nascosto del suo autista privato, Nicola (Beppe Fiorello), che decide di cogliere al volo l’opportunità e di cavalcare l’onda del successo grazie. Lanciato in pianta stabile da Ercole ed assunto il nome d’arte di Niki, il nuovo sexy comico diviene popolarissimo nei suoi tour itineranti nelle piazze e nei programmi televisivi d’Italia, ma presto il successo gli darà alla testa, rovinando la sua vita, ma soprattutto l’amicizia con Ercole.

Come detto in apertura, C’era un cinese in coma non fu accolto con calore. Ne ha parlato in diverse occasioni lo stesso Carlo Verdone, cercando di trovare un motivo dietro questo “passo falso”.

Molti mi chiedono perché soffrì tanto quel film: le risposte per me sono due.
La prima è che era una commedia molto amara e il mio personaggio veniva umiliato dall’inizio alla fine, fino a prendersi il riscatto solo nel finale: si rideva qua e là ma in modo molto cinico e perfido.

Quel film, dopo Gallo Cedrone, fu una sterzata violenta verso il pubblico, e questo lo disoriento’ non poco. Ma quella sterzata era necessaria. Vitale per me. E chissenefrega se il film andò in pari al botteghino.

Un’altra ragione sul mancato successo al botteghino potrebbe esser stata una stanchezza del pubblico nei miei confronti.
Ci sta tutta e bisogna prenderne atto.
Erano 21 anni che andavo come un treno, cercando di diversificare la mia carriera con film diversi, quindi potrebbe essere anche questa una causa.
La cosa importante è non abbattersi oltre misura, riprendere le forze e pensare che non si vive solo di cinema: altrimenti la vita diventerebbe di una miseria insopportabile.

Senza perdersi d’animo, Carlo decise di sfruttare quell’insuccesso per fare una cosa che non aveva mai fatto in tutti quegli anni: godersi la propria famiglia.

«Senza farmi prendere dalla depressione, decisi di sparire serenamente per due anni e mezzo per godermi casa e figli. Fu il più bel periodo per la mia vita privata. Ho preso i miei figli e mi sono messo a viaggiare, recuperando un bellissimo rapporto con loro. Abbiamo viaggiato tantissimo, in Asia, America, Canada, Russia, l’ho portati ovunque, da solo io con loro. Dovevano sentire il loro papà vicino. Mio figlio mi dice sempre: “Benedico che Un cinese in coma sia andato maluccio, perché così sei stato con noi due anni”».