Diego Abatantuono il 20 maggio compirà 70 anni. Intervistato al Corriere della Sera, ha parlato così della sua carriera, cominciata negli anni Settanta al Derby Club di Milano.

Gli inizi: tecnico delle luci per I Gatti di Miracoli.
«Con loro è stata un’amicizia bellissima, oltre che una palestra pazzesca: come fare un’università della comicità».

La svolta?
«Mio zio — che era il proprietario del Derby — a 21 anni mi propose di fare il direttore artistico, un atto di grande stima. Chiamai Porcaro, Faletti, Mauro Di Francesco, Francesco Salvi, Ernst Thole, tutti i miei amici. C’era anche Boldi. Era esilarante, era una roba pazzesca, faceva ridere in una maniera che non potete capire. Lui faceva quello che subiva, io ero il suo carnefice».

Il personaggio del «terrunciello» come nacque?
«Milano era fatta di terruncielli, era piena di pugliesi, oggi quel personaggio parlerebbe un misto griglia magrebino-italiano. All’epoca invece tutto il Giambellino parlava così. Lo proponevo nelle mie serate e ha avuto talmente successo che quando mi hanno proposto di fare il cinema mi hanno chiesto di andarci con quel personaggio».

Un periodo d’oro. Una ventina di film in tre anni.
«Fu una gestione scriteriata, ero giovane, fui mal consigliato e così bruciai il personaggio»..