SINOSSI:

Dolor y Gloria” racconta una serie di ricongiungimenti di Salvador Mallo, un regista cinematografico oramai sul viale del tramonto. Alcuni sono fisici, altri ricordati: la sua infanzia negli anni ‘60 quando emigrò con i suoi genitori a Paterna, un comune situato nella provincia di Valencia, in cerca di fortuna; il primo desiderio; il suo primo amore da adulto nella Madrid degli anni ‘80; il dolore della rottura di questo amore quando era ancora vivo e palpitante; la scrittura come unica terapia per dimenticare l’indimenticabile; la precoce scoperta del cinema ed il senso del vuoto, l’incommensurabile vuoto causato dall’impossibilità di continuare a girare film. “Dolory Gloria” parla della creazione artistica, della difficoltà di separarla dalla propria vita e dalle passioni che le danno significato e speranza. Nel recupero del suo passato, Salvador sente l’urgente necessità di narrarlo, e in quel bisogno, trova anche la sua salvezza.

RECENSIONE:

Il film Dolor y Gloria, di Pedro Almodóvar è stato presentato alla 72ª edizione del Festival di Cannes,  con protagonisti Antonio Bandéras, Penélope Cruz, Asier Etxeandia, Leonardo Sbaraglia, Nora Navas e Julieta Serrano.

 

Il film è tutto introspettivo, la personalità del protagonista viene delineata al massimo, rapidi sconvolgimenti di fronte riguardo il passato e il presente, passiamo dagli anni 60 ad oggi in un attimo, ma il filo conduttore sono proprio i ricordi di Banderas che fanno da traino verso il proseguo della storia. Penelope Cruz è molto materna, protegge suo figlio da tutte le possibili insidie. 

Tema principale è anche l’abuso di droga, costante per tutta la durata del film, la dipendenza da oppiacei si trasmette a ogni singolo spettatore come monito a non farlo nella vita vera. 

Dolor y gloria è un film anche sulla maturità, quella che ogni uomo durante la sua vita sceglie di affrontare chiedendo scusa alle persone care e chiudendo i conti con il passato. Non vi è nostalgia, ma solo tanta consapevolezza e accettazione del proprio io… e del proprio passato di gloria. Rimane anche il dolore, la consapevolezza che solo l’arte e il proprio lavoro hanno fatto del proprio meglio per poter far uscire quest’uomo dalla propria solitudine.