Il film

Ventisei anni fa, nel 1995, Leonardo Pieraccioni faceva il suo esordio alla regia con I Laureati, un film semplice, ma che a modo suo ha segnato una pagina di storia di cinema italiano. 

Il film racconta le vicende di quattro amici universitari, Leonardo (Pieraccioni), Rocco (Papaleo), Bruno (Gianmarco Tognazzi) e Pino (Massimo Ceccherini), trentenni e fuoricorso, che vivono insieme in un appartamento di Firenze. Leonardo ha lasciato la moglie dopo pochi mesi di matrimonio, Bruno è iscritto all’università solo per poter prendere le redini della impresa del ricco suocero, Rocco si mantiene facendo il metronotte e Pino cerca un improbabile successo nel cabaret.

Lungi dal dedicarsi agli studi i quattro tirano avanti tra momenti di divertimento goliardico e altri di profonda malinconia, senza nessuna voglia di crescere e nessuna prospettiva per il futuro. Solamente il tentativo di suicidio dello strambo professor Galliano (Alessandro Haber) ex docente di Leonardo ai tempi del liceo e suo mentore, e le disavventure amorose della sorella di Rocco, la modella Letizia (Maria Grazia Cucinotta) di cui Leonardo è ammaliato, forniranno loro un’occasione per riflettere sul loro futuro.

L’idea nata da “Amici Miei” e le lacrime sul set

Quando uscì al cinema, I Laureati ottenne un ottimo successo, con un incasso di circa 15 miliardi di lire. Una grande scommessa vinta da Pieraccioni ma anche da Vittorio Cecchi Gori, che si convinse facilmente a produrre il film, sotto suggerimento dell’allora moglie, Rita Rusic. In un’intervista de Il Fatto Quotidiano in occasione dei 25 anni del film, Pieraccioni ha spiegato com’è nata l’idea dei quattro amici fuori corso.

Per me la commedia perfetta sono i primi due Amici miei, capolavoro assoluto di sceneggiatura, di regia e interpretazione: li vedo ogni sei mesi e godo; loro erano dei cinquantenni-sessantenni con la paura di morire e io pensai ai trentenni con la paura di crescere.

Avevo 28 anni, affrontavo gli interrogativi sul futuro e avevo capito che a volte, l’università, era una forma di rifugio dalle responsabilità; comunque in Toscana, in particolare a Firenze, ci si riconosce in quei quattro di Amici miei. Io ad esempio mi rivedo nel giornalista Perozzi, eterno giocherellone, intenzionato a non crescere del tutto.

Ottenere un finanziamento non fu facile per il giovane e inesperto Pieraccioni, il quale, prima di trovare manforte in Cecchi Gori, ricevette tante porte in faccia. Per questo portare a compimento il film fu una grande emozione. Racconta:

Piansi l’ultimo giorno di riprese: ero convinto che fosse il mio primo e unico film, eppure mi ero divertito tantissimo, ero certo che una goduria del genere non mi sarebbe più toccata.

Ho ancora incorniciato il foglietto con la cifra del mio stipendio. Non avevo l’agente, e mi affidai ai suggerimenti di Veronesi: “Fai così: se ti offrono 40 milioni, rilancia a 50; se sono 50 punta a 60”. Bene. Vado all’appuntamento con l’avvocato di Cecchi Gori e dopo i convenevoli esordisce: “Noi abbiamo pensato a 70”. E io: “Benissimo!”. Risposta: “È stata la trattativa più veloce della mia storia”.

Alla fine, le paure di Pieraccioni si rivelarono sbagliate: I Laureati, come ben sappiamo, si rivelò essere il primo dei tanti successi firmati dal regista e attore fiorentino, tra cui spiccano Il Ciclone (1996), Fuochi d’Artificio (1997) e Il Pesce Innamorato (1999).

I Laureati, Pieraccioni su Ceccherini: “La sua pessima fama lo precedeva, gli dissi di non fare stupidaggini e di venire puntuale”

 

 

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