Il film

Il postino è un film uscito nel 1994 e diretto da Michael Radford. È stata l’ultima interpretazione per l’attore napoletano Massimo Troisi, morto nel sonno solo poche ore dopo la fine delle riprese. La pellicola è ispirata al romanzo “Ardiente paciencia” di Antonio Skarmeta.

La trama

Ambientato su un’isola del sud Italia, segue la storia di Mario Ruoppolo (Massimo Troisi), un uomo semplice, figlio di pescatori e disoccupato. Sull’isola abita anche Pablo Neruda (Philippe Noiret), rifugiato politico, a cui Mario dovrà consegnare la posta quotidianamente. Passano i giorni e il giovane postino è sempre più affascinato dal poeta cileno: con lui discute di poesia e metafore, gira l’isola e stringe un legame di sincera amicizia. Un giorno, in osteria, Mario incontra Beatrice (Maria Grazia Cucinotta) e se ne innamora perdutamente.
Per conquistarla, decide di dedicarle versi romantici e chiede aiuto al suo nuovo amico e maestro Neruda. Dopo averla corteggiata per giorni, nonostante l’ostilità della zia della ragazza, i due si sposano con la benedizione del poeta cileno. Durante il banchetto di nozze, Neruda riceve dal Cile la notizia della fine dell’esilio: può finalmente tornare a casa. I due si salutano e Mario, di nuovo disoccupato, comincia a lavorare in osteria. Senza però rinunciare a scrivere poesie e militare nel partito Comunista. La vita scorre, Beatrice aspetta un figlio e alle elezioni ha vinto la Democrazia Cristiana. Cinque anni dopo Neruda fa ritorno sull’isola insieme a sua moglie e si reca subito in osteria. Ad attenderlo, però, ci sarà un’amara sorpresa…

La controfigura

Troisi era troppo stanco, per via di quel cuore malandato. Il regista decise di ricorrere ad una controfigura che lo potesse sostituire nelle scene più faticose e fu così che l’attore conobbe Gerardo. Appena si incontrarono per entrambi fu come guardarsi allo specchio, disse infatti Troisi sorpreso: “E tu mo ti fai vedere?”

Un’amicizia durata troppo poco ma che segnò profondamente Gerardo. Durante una delle riprese, a Salina, arrivò la moglie della controfigura sul set per informarlo che a breve sarebbe diventato padre.

E così l’artista di San Giorgio a Cremano quando lo incontrava diceva: “Come sta Pablito?”. Sperando magari che lo chiamassero come il poeta cileno, ma Gerardo nelle sue intervista ha sempre sottolineato che rientrando a Sapri, dopo la fine delle riprese, venne a conoscenza della morte di Massimo decidendo così di chiamare suo figlio come lui.

«Massimo era molto provato, ma è riuscito a girato tutto il film – conferma Gerardo – E, nonostante la malattia, aveva sempre un sorriso e una forte sensibilità verso tutti».

Oggi Gerardo fa l’insegnante, è proprietario di un bed&breakfast e nessun altro ricordo dal mondo del cinema. Ha anche un libro che Massimo gli regalò con una dedica: “A Gerardo, per la pazienza e l’abnegazione con le quali ha reso più piacevole e meno faticoso il mio lavoro”. Aver reso meno faticoso il suo lavoro, l’onore più bello.

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