Applaudito alla Berlinale, sezione Panorama, il film racconta il percorso di crescita di due ragazzi tanto amici da essere quasi fratelli, e di quella notte in cui un evento drammatico li porterà a imboccare la strada della criminalità. Due giovani attori: Andrea Carpenzano nei panni di Manolo, lanciato da Tutto quello che vuoi di Francesco Bruni, e Mirko, e l’esordiente Matteo Olivetti, che portano sulle spalle il film, insieme alla madre di uno e il padre dell’altro, due convincenti interpretazioni di Milena Mancini e di Max Tortora, in un ruolo drammatico. I fratelli D’Innocenzo (i registi) evitano qualsiasi spettacolarizzazione del crimine, anzi, gli omicidi avvengono fuori campo o dietro a un vetro, così come le prostitute non hanno volto, si concentrano piuttosto sui volti dei loro protagonisti, sul nervosismo che precede il loro primo colpo, sul loro sguardo che progressivamente si spegne. Quello dei D’Innocenzo non è l’ennesimo film sulle periferie o sui cosiddetti ‘coatti’ quanto piuttosto un’indagine sulla possibilità di un’amicizia che possa far sì che ci si aiuti reciprocamente a crescere. Manolo e Mirko sono come tanti altri. Come loro vanno a scuola con il desiderio di finirla al più presto per trovarsi un’attività che gli piaccia ma non sanno che stanno già lasciandosi scivolare il mondo addosso. I D’Innocenzo sanno ritrarre l’appiattimento delle coscienze in cui il dire ‘scusami’ sembra poter mettere a posto qualsiasi cosa risarcendo anche chi sia vittima del crimine più grave. Anche dietro la camera, dal punto di vista tecnico, i fratelli sanno quello che voglio e come lo voglio, lavorando con una regia appropriata alla storia e una fotografia forse già vista, ma sicuramente efficace.