SINOSSI

Quella di Lazzaro, un contadino che non ha ancora vent’anni ed è talmente buono da sembrare stupido, e Tancredi, giovane come lui, ma viziato dalla sua immaginazione, è la storia di un’amicizia. Un’amicizia che nasce vera, nel bel mezzo di trame segrete e bugie. Un’amicizia che, luminosa e giovane, è la prima, per Lazzaro. E attraverserà intatta il tempo che passa e le conseguenze dirompenti della fine di un Grande Inganno, portando Lazzaro nella città, enorme e vuota, alla ricerca di Tancredi.

NOTA DI ALICE ROHRWACHER

Lazzaro Felice è la storia di una piccola santità senza miracoli, senza poteri o superpoteri, senza effetti speciali: la santità dello stare al mondo e di non pensare male di nessuno, ma semplicemente di credere negli altri esseri umani. Racconta la possibilità della bontà, che gli uomini da sempre ignorano, ma che si ripresenta e li interroga come qualcosa che poteva essere e non abbiamo voluto.

RECENSIONE

Quando ho saputo che il film aveva vinto il premio come miglior sceneggiatura a Cannes mi sono chiesto cosa avesse questa pellicola di così tanto speciale da convincere i francesi a premiarci. Alla fine l’ho capito. Lazzaro Felice è la storia di un uomo buono e di una società che scambia la gentilezza con la stupidità. Non passa ogni singolo minuto del film in cui il protagonista non venga sfruttato da qualcuno, che sia la padrona, che siano gli amici, che siano i suoi colleghi di lavoro. Proprio questo è il nocciolo del film, la totale mancanza di sensibilità di una società oramai verso il degrado che sfrutta gli uomini buoni, che li priva del loro entusiasmo, delle loro emozioni.

La pellicola è divisa in due parti, la prima ambientata in una realtà contadina di cui non sappiamo nè che zona geografica sia, nè che tempo storico è, qualche accenno ce lo da la musica e alcuni oggetti. Il tema è la classica mezzadria dove una quarantina di persone vive sotto gli ordini della marchesa senza essere pagati stile inizio 900, poi si sviluppa l’amicizia tra Lazzaro e il figlio della marchesa (perfettamente interpretata da una magistrale Nicoletta Braschi) e da lì sembra un evolversi del rapporto stile Chiamami con il tuo nome ma poi cambia tutto. Vi è un improvviso cambiamento nel film che ne divide completamente la storia. Non posso accennarvelo perchè vi spoilerei il film ma ne vale davvero la pena la visione.

C’è un tema molto importante che è la fuga possible del protagonista o degli altri contadini verso la città e la consapevolezza del cambiamento. Tutto questo porta a quasi due ore di ottimo prodotto e ho capito il perchè il premio come miglior sceneggiatura è andato a lui.