Piero Badaloni è un veterano del giornalismo italiano. Da conduttore del tg della Rai, fu tra i protagonisti di quella diretta che 40 anni fa, raccontando in diretta la bruttissima tragedia di Vermicino e di Alfredino Rampi, ha cambiato la storia della tv. Era il 10 giugno del 1981 quando tutta l’Italia si collegò sulla Rai per seguire la brutta storia del bambino caduto del pozzo, Il bambino, sei anni, purtroppo morirà dopo che per tre giorni le operazioni di soccorso terranno tutta Italia con il fiato sospeso e una famose notte triste di diretta tv coinvolse tutti gli italiani. 

Ecco le parole dell’ex presidente della regione Lazio su Fanpage: 

“Quella diretta nacque in maniera improvvisata. Quella settimana era di turno come conduttore del telegiornale delle 13.30. Parliamo del giorno 11, il bambino era scivolato nel pozzo la sera prima. Detti la linea all’inviato che era sul posto il quale si mostrò molto ottimista, dicendo che il capo dei vigili del fuoco gli aveva detto che a suo giudizio, in qualche modo mancava poco a salvarlo. Ecco perché si decise di prolungare il telegiornale, di non chiudere alle 14.00 sperando che quello che aveva previsto il comandante dei vigili del fuoco avvenisse veramente. A quel punto divenne difficile chiudere, perché si pensava sempre che magari una volta chiuso quel collegamento straordinario 5 minuti dopo il bambino sarebbe stato salvato”.

La diretta Rai durerà 18 ore consecutive dalle 13.30 del 12 giugno fino alle 7.00 di mattina del 13 giugno. Il picco sarà di 25 milioni di telespettatori.

Non eravamo preparati, la televisione non era preparata a seguire un fatto di cronaca locale in quel modo. La telecamere sollecitata per ore, ore e ore si surriscaldò e c’era la preoccupazione che saltasse tutto, e per raffreddarla si usò di tutto, anche dei ventagli. Quando qualcuno decise di mandare in onda il dialogo tra la mamma e Alfredino che si trovava giù nel pozzo… in quel momento si superò una misura che non doveva essere superata, si entrò nella privacy e nel dolore della famiglia. Questo creò la curiosità morbosa che tra l’altro portò circa 10.000 persone ad andare a Vermicino senza che ci fosse nessun controllo. Quell’episodio è rimasto impresso nella mia coscienza come un grosso errore, una spettacolarizzazione del dolore”. Perché “c’è il dovere di raccontare” e il “dovere di non esibire il dolore di chi lo sta vivendo in quel momento”.

fonte FANPAGE