In un’intervista a “Vanity Fair”, Piero Chiambretti ha raccontato del rapporto bellissimo con la madre e di una infanzia certamente non “ordinaria”:
“Ho avuto un’educazione particolare perché i miei amici erano della più cruda periferia e mia madre, santissima donna, scomparsa a causa del Covid cinque anni fa, era l’unica a gestirmi. Le tate e le nonne non c’erano, quindi era obbligata a mandarmi alle scuole private: studiavo con i più ricchi e mi divertivo con i più poveri. Questa doppia partita Iva mi ha permesso di capire come si sta in società, ma anche come si gioca a pallone con una sfera di carta”.
E ancora:
“Negli anni della mia infanzia il fatto di non essere riconosciuto da un padre è stato un vero e proprio buco nero perché, pur di non chiedere a mia madre come erano andate realmente le cose, spesso mi inventavo un padre che non c’era. Quando i miei amici venivano e trovarmi e mi chiedevano perché in bagno non ci fosse un rasoio inventavo che, dietro allo sgabuzzino, c’era un’altra zona dell’appartamento dedicata alle stanze di mio padre. Non era vero: dietro alla porta c’era solo una scopa”.
Il conduttore ricorda, infine, il reumatismo articolare da cui è stato colpito da bambino:
“L’unica cosa che ricordo erano le siringhe di penicillina e la portinaia che veniva a farmi le iniezioni tutti i giorni alle 5. Non potevo prendere aria, erano il barbiere e il medico a venire da me. Quando sono uscito fuori di casa mi sembrava di essere Armstrong che scende dalla navicella spaziale per toccare la Luna. I medici mi dicevano che se fossi uscito di casa sarei finito in ospedale”.
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