Totò Schillaci, 58 anni, protagonista ai Mondiali del ‘90, ha partecipato al reality Pechino Express (che andrà in onda da oggi 9 marzo ogni giovedì su Sky). Con l’occasione, Il Corriere della Sera lo ha intervistato:

Quattordici mesi fa ha dovuto affrontare un tumore.
«Il mondo mi è caduto adosso, sono andato in depressione, avevo paura di morire. In mente mi è venuto di tutto, ma fortunatamente questo brutto male era circoscritto al colon, non ha danneggiato altri organi ed è stato tolto. Non ho più il retto e lo sfintere. Però tra morire e avere questi problemi, meglio qualche piccolo problema».

Gli esami continuano?
«Sono stato operato due volte, poi a distanza di sei mesi mi hanno trovato una piccola macchiolina sulla cervicale, me l’hanno bruciata una settimana fa con la radioterapia e oggi ho i controlli per sapere se tutto è a posto. Ma mi sento bene, vorrei continuare a vivere. E l’esperienza nel reality Pechino Express, girato in India, (il reality, uno show Sky Original prodotto da Banijay Italia andrà in onda da oggi ogni giovedì su Sky e in streaming su NOW ndr) mi ha dato nuovo coraggio e forza: nonostante le difficoltà la vita va avanti».

Che ne pensa delle parole allarmate di Dino Baggio?
«Prendevamo qualsiasi cosa ci davano, ma sotto controllo medico. Collegare queste malattie al passato? Non ci voglio nemmeno credere, spero non sia così e voglio avere fiducia nei medici».

Sua moglie Barbara quanto è stata importante?
«Tantissimo. È stata il mio medico personale, in tutto. Mi è stata sempre vicino: non volevo uscire, ero depresso, ho sofferto, ho avuto dolori. Lei c’era, mi ha preso per i capelli e mi ha detto di riprendermi la mia vita. È stata una guerriera, mi ha tenuto in piedi».

È vero che Boniperti venne a casa sua per ricomporre la crisi con sua moglie Rita nel periodo dei pettegolezzi per la storia con Lentini?
«La società sapeva che c’erano dei problemi nel mio matrimonio, per i quali poi mi separai. E questo ha influito su certe scelte».

Lasciò la Juve per i gossip?
«Ci sono stati momenti difficili, molto brutti, anche a causa dei tifosi avversari. Questo può avere condizionato il mio rendimento e la Juve magari ha voluto cedermi».

Nessuna Nazionale, tra quelle che non hanno vinto, è stata così amata come quella del 1990. Come mai?
«Perché eravamo la squadra più forte, perché si giocava in Italia e anche per la canzone delle Notti Magiche. Il mio exploit ha contribuito, nemmeno io me l’aspettavo».

Si è mai sentito intrappolato in quella magia?
«No, perché una favola così era inimmaginabile: tutto quello che toccavo diventava oro, ho avuto una grande occasione e l’ho sfruttata. Se mi chiede come mai ero così, non so dare una spiegazione. Avevo fatto 21 gol con la Juve, vinto la Coppa Italia e la Uefa, è vero, ma in Nazionale ero un debuttante: sono stato eletto miglior giocatore del torneo e sono arrivato secondo al Pallone d’Oro».