A un anno dalla scomparsa di Monica Vitti, Roberto Russo, l’uomo che è stato per quarantanove anni il compagno di vita dell’attrice, affida al “Corriere della Sera” il racconto della loro storia d’amore:

“Eravamo sul set di Teresa la ladra. Avevo 25 anni, lei sedici più di me. Lei era l’attrice protagonista, io battevo il ciak. Insomma ero un macchinista. Nel cinema ho fatto ogni cosa. Durante quel film, tratto da un libro di Dacia Maraini, io persi completamente la testa. Da quando l’ho vista non ho capito più nulla. Ma io ero il ciakkista e lei la star. Lei era fidanzata. Non avevo mai visto una donna di quella intelligenza, di quella simpatia, di quella bellezza. Lei era come i film che ha fatto: sapeva far ridere, far piangere, far pensare. La nostra storia, durata quasi mezzo secolo, è stata l’avventura di una simbiosi. Tu l’hai conosciuta e lo sai: se stavi anche solo cinque minuti con Monica eri fregato, ti ammaliava, prendendoti da ogni parte, non volevi andar via. E io non sono mai andato via”.

Roberto racconta, poi, di come la Vitti abbia fino all’ultimo provato a combattere:

“Monica era una grande attrice. Lei mascherava i vuoti che si andavano moltiplicando nella sua mente. Era bravissima. Faceva leva sul fatto che, in fondo, un po’ smemorata era sempre stata. Sapeva tutti i copioni a memoria, ma magari non ricordava dove aveva lasciato le chiavi di casa. È sempre stata così. La Demenza a corpi di Lewy le provocava disturbi gravi dell’attenzione, della parola, delle facoltà motorie e induce apatia. Ma Monica fino alla fine si è sforzata di reagire. Non stava a letto, si alzava, sostenuta dai tre compagni di tutti quei giorni, si faceva lavare e vestire. A novant’anni aveva delle gambe bellissime”.

Per vent’anni il compagno è stato vicino all’attrice senza mai lasciarla:

“Venti anni qui con lei. Per non farla mai stare sola, per non farle mai mancare nulla. Venti anni senza mai uscire di casa se non per la spesa o per fare due passi qui intorno. Ho difeso Monica, il suo desiderio di riservatezza fino alla fine, ho cercato di farla ridere quando poteva, e di tenerle sempre la mano. E lo rifarei, rifarei ogni giorno di questi venti anni che non separo dagli altri trenta. Sono stati tutti meravigliosi, perché sono stati tutti con lei”.