Mauro Repetto sta promuovendo il suo nuovo libro autobiografico in giro per l’Italia. Il titolo porta il nome evocativo di “Non ho ucciso l’uomo Ragno” (Mondadori), scritto assieme al giornalista Massimo Cotto che ha per sottotitolo “Gli 883 e la ricerca della felicità”. Una narrazione intrisa di emozioni e sfumature, come un dipinto che cattura l’essenza di un’epoca. Il libro – che arriva a dieci anni esatti di distanza da “I cowboy non mollano mai” di Max Pezzali – è una storia che va al di là della musica, è un viaggio nella mente e nell’anima di un artista che ha toccato le corde più intime del pubblico.

Ecco un estratto di un’intervista a Sorrisi e Canzoni:

Quando si rivede in quei video clip, cosa pensa di quel biondino all’ombra di Max Pezzali che saltava e ballava?
«Ero un ragazzino e all’epoca adoravo i ballerini dei videoclip di Janet Jackson. Da una parte campionavamo i pezzi, dall’altro mi sforzavo di campionare anche le coreografie dei grandi artisti. Cercavo di imitare quei ballerini, ma forse il tentativo non riusciva alla perfezione (ride). Però mi gasavo e mi esaltavo perché amavo la danza».

Perché non cantava?
«Ha deciso il destino. E nel destino c’era scritto che c’erano due amici di cui uno era protagonista e cantava e l’altro era meno importante. Un po’ come capita nelle serate al bar tra ragazzi in cui c’è uno che primeggia, che argomenta di più e l’altro che ha meno cose da dire. Le nostre performance erano proprio la riproduzione di una dinamica tra amici in un bar o in un locale. Questa bella storia è andata avanti per tre o quattro anni».

LA PRESENTAZIONE A ROMA

Vi proponiamo anche la presentazione a Roma dove l’artista parla dello stesso argomento:

fonte SORRISI