«Superarono l’impossibile, compiendo l’impensabile». Una frase emblematica, impressa sulla locandina di Alive – Sopravvisuti, il film del 1993 di Frank Marshall che molti di voi ricorderanno per i numerosi passaggi televisivi e soprattutto perché tratto da una terribile storia vera, quella del disastroso incidente aereo avvenuto sulle Ande nel 1972 in cui persero la vita 17 persone.

Trama

Il 13 ottobre 1972 una squadra uruguaiana universitaria di rugby, accompagnata anche da alcuni familiari, in volo sul Fokker Fairchild FH-227D si schianta sulla cordigliera delle Ande, nel tentativo di raggiungere il Cile. I sopravvissuti, dopo alcuni giorni in attesa dei soccorsi decidono, per non morire di fame, di cibarsi dei corpi dei loro compagni morti. Gli estremi sforzi compiuti dai 33 iniziali sopravvissuti, poi ridottisi a 16, verranno ricompensati dall’eroica impresa di Fernando Parrado e Roberto Canessa, i quali riescono ad attraversare le Ande e raggiungere il Cile, dove chiedono soccorso.

Il digiuno degli attori

La parte più scioccante della storia, nonché uno dei momenti più importanti del film, è quando i sopravvissuti, senza più risorse e quasi allo stremo per la fame, decidono, dopo molte discussioni, di mangiare la carne dei corpi dei loro amici e parenti morti.

Gli attori coinvolti in quelle scene decisero di adottare alcune misure speciali per prepararsi al meglio. Prima di girare, infatti, rimasero senza mangiare per 48 ore, così da avere un’idea di cosa si provasse ad essere così affamati. Ovviamente, non c’è bisogno neanche di specificarlo, non mangiarono carne umana: quello che vediamo sullo schermo era in realtà del tacchino.

La partita giocata dai sopravvissuti 40 anni dopo

Nel 2012, quarant’anni dopo l’incidente, i membri sopravvissuti della squadra riuscirono finalmente a giocare la partita di rugby che era stata inevitabilmente cancellata dopo che il loro aereo era precipitato. La squadra giocò a Santiago, in Cile, contro l’Old Grangonian. Uno dei sopravvissuti, Pedro Algorta, allora 61enne, dichiarò all’evento: “più o meno in questo periodo [nel 1972] stavamo cadendo sulle Ande. Oggi siamo qui per vincere una partita“. “Potevamo essere morti in un ghiacciaio e invece siamo qui a giocare a rugby con i nostri amici cileni” disse invece Nando Parrado.

Prima del fischio iniziale si osservò un minuto di silenzio in onore delle vittime e venne svelata una targa commemorativa in loro onore.

Roberto Canessa in azione nel match di rugby contro l’Old Grangonian Club (13 October 2012) EPA/MARIO RUIZ