Il film

Il capolavoro assoluto di Francis Ford Coppola è ancora oggi uno dei film di guerra più amati e discussi. Un’epopea tra le giungle del Vietnam e nei lati oscuri della psiche umana che ha fatto la storia del cinema, e giustamente. Ma è anche un film segnato da una delle lavorazioni più difficili e drammatiche di sempre. Liberamente ispirato al romanzo di Joseph Conrad, Cuore di tenebra, il film vinse la Palma d’oro al 32º Festival di Cannes e il premio oscar per la migliore fotografia a Vittorio Storaro e quello per il miglior sonoro a Walter Murch.

La trama

1969: la guerra del Vietnam è al culmine. Il capitano Benjamin L. Willard è un ufficiale dell’esercito americano, già per tre anni in Vietnam, ed è appena tornato a Saigon. Sebbene formalmente faccia parte della 173ª Brigata Aviotrasportata, in realtà è spesso incaricato di operazioni speciali dalla CIA, che lo hanno via via provato ed appare ormai in seria difficoltà a rientrare nella vita civile.

Due funzionari del servizio d’informazione militare, il generale Corman e il colonnello Lucas, insieme a un civile (probabilmente un membro dei servizi segreti), convocano lo spaesato Willard allo scopo di affidargli una missione speciale. Si tratta di un incarico delicato ed “anomalo”, e lo stato confusionale del capitano costituisce – paradossalmente – una calzante precondizione per assolvere il compito che è chiamato a eseguire. Willard deve effettuare un viaggio su un Patrol Boat River, lungo il fiume Nung, nella remota giungla cambogiana, e ivi scovare il colonnello americano Walter E. Kurtz, ex alto ufficiale dei Berretti Verdi, da tempo disertore, con l’obiettivo di ucciderlo (nella motivazione ufficiale trasmessa a voce: porre fine al suo comando). I superiori affermano che Kurtz – un tempo considerato ufficiale modello e prossimo alla promozione al grado di generale – è impazzito e si è auto-attribuito il comando di una legione di sbandati e indigeni delle montagne nella foresta della neutrale Cambogia. Le affermazioni dei vertici militari americani sulla follia di cui sarebbe preda Kurtz sembrano avallate da una delirante trasmissione radio effettuata dallo stesso colonnello ribelle (intercettata dal comando).

L’obiettivo assegnato a Willard, dunque, è di infiltrarsi fra le file degli ammutinati e porre fine al comando di Kurtz, ossia ucciderlo, “con estrema determinazione”, come tiene a specificare il civile presente al colloquio conviviale (la sequenza indugia molto sulle pietanze del banchetto) con cui si dà il via all’insolita operazione; la stessa esistenza della missione i presenti mai ammetterebbero in sede ufficiale: hanno ordinato e scientemente perseguito infatti l’assassinio premeditato di un comandante statunitense da parte di un commilitone, in qualità di superiori gerarchici del soldato. Il tutto è reso ancora più urgente e necessario dal fatto che anche un altro ufficiale dei corpi speciali, Richard M. Colby, inviato prima di Willard a trovare una soluzione alla strana situazione venutasi a creare nella giungla attorno alla figura carismatica del Colonnello, risulta passato, invece, dalla parte dell’ufficiale disertore. Kurtz parrebbe quindi disporre di elevate capacità di convincimento e “seduzione”, se non addirittura di plagio, delle persone con le quali entra in contatto.

Il capitano Willard si mostra presto in grado di recuperare la lucidità, l’autocontrollo e la motivazione necessaria per intraprendere la sua missione: studia con attenzione e curiosità il dossier riguardante Kurtz, trovandovi conferme al fatto che il connazionale abbia effettivamente assunto il ruolo di un signore della guerra e sia incondizionatamente “adorato” da numerosi nativi e militari a lui rimasti fedeli. Lo studio della biografia di Kurtz ha luogo durante la lunga e pericolosa navigazione che dovrà, fra molteplici impedimenti e sorprese, condurre Willard al suo obiettivo…

Marlon Brando

Quando Marlon Brando arrivò sul set, Coppola capì subito che avrebbe dato problemi. L’attore era calvo, sovrappeso, non si lavava ed era costantemente ubriaco e fatto di cocaina. Ma, soprattutto, non riusciva a memorizzare le battute e così Coppola dovette registrare le sue improvvisazioni, modificare la sceneggiatura di conseguenza e poi suggerirgli le battute tramite auricolare. Oltretutto, dovette riprendere Brando nell’ombra perché l’attore non voleva mostrare di essere grasso. Da tutto questo, per miracolo, nacque una performance immortale. Dalla sua iniziale concezione alla sua uscita nelle sale, passarono dieci anni. Nel frattempo la guerra in Vietnam era finita e quello che avrebbe dovuto essere un film realistico, girato “Guerrilla Style”, divenne una riflessione surreale sull’orrore della guerra. Il budget iniziale era di 12 milioni di dollari, ma Apocalypse Now finì per costarne tre volte tanto.

Coppola

I problemi finanziari, uniti al senso di colpa per aver causato l’attacco cardiaco di Martin Sheen, portarono il regista Coppola all’esaurimento nervoso e a un attacco epilettico. Il regista minacciò di suicidarsi ben tre volte nel corso della lavorazione. Il set delle Filippine su cui Coppola girava fu colpito da un tifone tropicale che costrinse il regista a sospendere la lavorazione. Tutti a casa, compreso Sheen che confessò a un amico di non sapere se sarebbe sopravvissuto alle riprese. E infatti ebbe un attacco cardiaco e un esaurimento nervoso al suo ritorno. Inoltre, le malattie tropicali circolavano sul set colpendo duramente membri del cast e della troupe, allontanandoli dalla lavorazione anche per settimane. Coppola dovette chiedere armi e veicoli in prestito al presidente delle Filippine Ferdinand Marcos, il quale però poteva ritirarli ogni volta che gli fossero serviti realmente, e come se non bastasse la lavorazione stava prosciugando le tasche di Coppola, che fece un mutuo sulla casa per raccogliere 30 milioni aggiuntivi. “Avevamo accesso a troppo denaro e troppo equipaggiamento. A poco a poco impazzimmo”, ha dichiarato il regista. Hopper era d’accordo: “Chiedete a chiunque fosse là fuori con noi, tutti vi diranno che abbiamo combattuto una guerra”.